Uno spot pubblicitario della nota azienda U-Power, specializzata in abbigliamento e calzature da lavoro, è stato ufficialmente sospeso dal Giurì dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) per violazione dell’articolo 11 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale. Il motivo? La pubblicità in questione è stata ritenuta inappropriata e ambigua, colpevole di sessualizzare lo sguardo di un bambino e, dunque, lesiva della dignità dei minori.
Indice dei contenuti
Spot U-Power sospeso: tra i motivi le allusioni sessuali
Lanciato nel marzo 2025 per promuovere una nuova scarpa ultraleggera, lo spot si apriva con un’inquadratura di spalle di un bambino posizionato sotto un palco, dove si stava esibendo una cantante con una minigonna. La scena proseguiva con l’inquadratura del volto del bambino, rivolto verso l’alto, con l’espressione di stupore e bocca aperta. Il voice over della testimonial Diletta Leotta recitava: «La prima volta che sei rimasto senza parole».
Un linguaggio visivo e narrativo che ha sollevato subito forti critiche, interpretato da molti come un riferimento implicito alla scoperta sessuale da parte di un bambino, presumibilmente di circa otto anni. La rappresentazione, secondo il Giurì, non lasciava spazio a letture innocue, suggerendo un’esperienza sessualizzata travestita da spot promozionale per calzature.
La decisione dell’IAP e la violazione del Codice
Il 9 maggio 2025, il Giurì dell’IAP ha chiuso ufficialmente il procedimento aperto dal Comitato di controllo, dichiarando che lo spot violava l’articolo 11, ultimo comma, del Codice di autodisciplina. Questo comma stabilisce che:
Sono vietate rappresentazioni di comportamenti o di atteggiamenti improntati alla sessualizzazione dei bambini, o dei soggetti che appaiano tali.
Di conseguenza, è stata ordinata la cessazione immediata della pubblicità su tutti i canali. Tuttavia, a distanza di giorni dalla pronuncia, lo spot risulta ancora caricato su YouTube, suscitando ulteriori polemiche in merito all’effettiva applicazione del provvedimento e alla responsabilità delle piattaforme nella rimozione dei contenuti inappropriati.
La denuncia di Selvaggia Lucarelli
Una delle voci più critiche nei confronti della pubblicità è stata quella della giornalista Selvaggia Lucarelli, che già il 24 marzo aveva segnalato lo spot sulle sue storie Instagram, evidenziandone l’ambiguità e il messaggio disturbante.
Nella sua newsletter, Lucarelli ha descritto così il video:
Il video si apriva con l’inquadratura di spalle di un bambino sotto al palco dove si stava esibendo una cantante con una minigonna inguinale, passando poi a un’inquadratura del volto del bambino con lo sguardo verso l’alto (sotto la gonna della cantante, perlomeno questo era ciò che lo spot faceva capire) e bocca aperta in una specie di estasi da visione della Madonna.
La giornalista ha poi sottolineato come il messaggio implicito della frase «la prima volta che sei rimasto senza parole» fosse riconducibile alla presunta visione delle mutande della cantante, interpretata come la “prima esperienza erotica” del bambino. Lucarelli ha definito la scena «triste e inquietante», criticando l’uso strumentale dell’immagine del minore per finalità commerciali.
U-Power e le controversie precedenti
Non è la prima volta che il marchio U-Power finisce nell’occhio del ciclone per questioni legate alla comunicazione pubblicitaria. L’episodio più recente risale al Festival di Sanremo 2024, durante il quale l’attore John Travolta aveva partecipato a uno sketch pubblicitario giudicato come pubblicità occulta. Quella vicenda aveva comportato una multa di 206 mila euro al servizio pubblico, alimentando un acceso dibattito sul confine tra spettacolo e promozione commerciale.
Una riflessione necessaria sulla comunicazione e la tutela dei minori
Il caso U-Power riporta al centro dell’attenzione un tema cruciale: l’etica della comunicazione pubblicitaria, in particolare quando si tratta di rappresentare i bambini e gli adolescenti. In un’epoca in cui le immagini e i messaggi si diffondono rapidamente e in modo capillare, la responsabilità sociale delle aziende nella costruzione dei messaggi è più importante che mai.
La pubblicità, pur dovendo essere creativa e accattivante, non può ricorrere a espedienti sessuali, ambigui o provocatori che coinvolgano minori o li mettano in situazioni facilmente interpretabili come inadeguate. La dignità dei bambini, infatti, va tutelata con il massimo rigore, e ogni violazione in tal senso deve essere affrontata con fermezza.
Questo episodio dovrebbe servire da monito per il settore della comunicazione e del marketing, affinché si sviluppino campagne pubblicitarie efficaci, ma anche rispettose dei diritti umani e dell’etica, soprattutto quando si ha a che fare con i soggetti più vulnerabili della società.