Eva Mikula è un nome che ha lasciato un segno indelebile nella cronaca italiana degli anni ’90. Nota per essere stata la compagna di Fabio Savi, uno dei leader della famigerata Banda della Uno Bianca, Eva non è solo una testimone chiave di uno dei casi più inquietanti della storia criminale italiana, ma anche una figura complessa, segnata da abusi, paure e coraggio. Ma chi è davvero Eva Mikula? Qual è stato il suo ruolo nella cattura dei fratelli Savi? E che fine ha fatto dopo il clamore mediatico?
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Le origini difficili e l’incontro con Fabio Savi
Nata nel 1975 in Transilvania, Eva Mikula cresce in una famiglia contadina poverissima, con un padre violento e un fratello abusante. A soli 16 anni fugge di casa, attraversa a piedi il confine con l’Ungheria e tenta di rifarsi una vita lavorando come cameriera. Ma il destino le fa incontrare Fabio Savi a Budapest nel 1992, uomo più grande di lei di 15 anni, all’apparenza affettuoso ma in realtà uno dei protagonisti del terrore seminato dalla Banda della Uno Bianca.
La relazione si trasferisce in Italia, dove Eva, senza documenti né legami sociali, vive isolata in un piccolo appartamento. Il sogno romantico si trasforma presto in un incubo fatto di minacce, botte e umiliazioni. Savi non le nasconde i crimini commessi: si vanta delle rapine e persino degli omicidi. Eva, inizialmente succube e confusa, arriva a maturare una decisione che cambierà la storia.
Il ruolo decisivo nella cattura della banda
Nel 1994, Eva Mikula decide di parlare. Prima contatta un giornalista ungherese, poi collabora con la polizia italiana. Le sue informazioni portano all’arresto di Fabio Savi il 24 novembre 1994. Ma non si limita a un solo nome: durante ore di interrogatorio rivela che anche Roberto Savi, fratello di Fabio e agente di polizia, fa parte della banda. Grazie a lei, gli inquirenti smantellano una rete criminale responsabile di 24 omicidi, 103 crimini e oltre 100 feriti.
Nonostante il suo contributo decisivo, Eva viene processata per reati minori come uso di documenti falsi e importazione di un’arma, ma viene assolta da tutte le accuse gravi. La sua condanna definitiva è di appena 14 mesi con pena sospesa. Il suo avvocato, Antonio Cappuccio, sottolinea più volte il coraggio e la buona fede della giovane, la cui testimonianza ha permesso di evitare errori giudiziari e scagionare innocenti.
La vita dopo la Banda della Uno Bianca
Dopo la fine del processo, Eva Mikula viene abbandonata dalle istituzioni. Senza protezione, senza risarcimenti, senza anonimato. Ha vissuto per un periodo sotto copertura, poi è scomparsa dal radar mediatico. Attualmente si divide tra Italia e Londra, ha due figli e tenta di costruire una nuova esistenza lontana dall’ombra dei crimini che ha contribuito a far emergere.
Il suo passato, però, continua a pesare. In molti la vedono ancora con sospetto, come se la sua vicinanza a Fabio Savi la rendesse corresponsabile. Ma chi conosce la sua storia sa che Eva è stata più vittima che complice: una giovane senza mezzi né protezioni, sopravvissuta a violenze indicibili e capace di ribellarsi al suo carnefice per fermare una spirale di morte.
Un libro per raccontare la sua verità
Nel 2021, Eva Mikula ha deciso di raccontare tutto nel libro “Vuoto a perdere. Verità nascoste sulla banda della Uno Bianca”, scritto con il giornalista Marco Gregoretti. L’opera rappresenta non solo un atto di denuncia, ma anche un tentativo di riscatto. Tra le pagine emergono dettagli inediti, il suo vissuto più intimo, e le omissioni istituzionali che l’hanno lasciata sola dopo aver fatto la cosa giusta.
Eva Mikula oggi è una donna che ha pagato un prezzo altissimo per la verità, ma ha avuto il coraggio di affrontare l’inferno per salvare altre vite. La sua vicenda è un esempio doloroso ma necessario, che merita di essere ricordato con rispetto e lucidità.