Cerca

Come è cambiata la narrazione cinematografica della cannabis nel corso degli anni?

Dalla propaganda anti-cannabis a Easy Rider e Il Grande Lebowski: un viaggio nella narrazione cinematografica della cannabis

Il mondo della cannabis è ricco e affascinante. Quando lo si chiama in causa, è necessario ricordare il suo essere caratterizzato da numerose sfaccettature.

Ci sono i consumatori e i collezionisti, persone appassionate che si impegnano per preservare le genetiche di una pianta che ha, da tempo immemore, un’influenza profonda sulla quotidianità dell’uomo.

Sensoryseeds tratta semi di cannabis di questo tipo ed è un sito molto popolare in Italia ma conosciuto soprattutto all’estero, dove i tabù sulla pianta sono decisamente meno.

Se ne parla spesso e la si racconta anche in diversi contesti, tra cui la cinematografia. La narrazione legata alla pianta e a tutto quello che le ruota attorno ha alle spalle una storia molto lunga.

Nelle prossime righe, vediamo assieme come è cambiato nel corso del tempo.

L’inizio e la fase della propaganda proibizionista

Quando si parla di narrazione cinematografica della cannabis è necessario fare un salto indietro nel tempo ai primi decenni del secolo breve.

In questo periodo, soprattutto nell’immaginario collettivo anglosassone, la cannabis era sinonimo di corruzione giovanile.

Per rendersi conto del mood, basta chiamare in causa una pellicola oggi storica sia per gli esperti del rapporto fra società e settima arte, sia per chi lavora nel mondo della cannabis.

Di cosa si tratta? Del film, risalente al 1936, Reefer Madness. Esemplificativo del tono della pellicola è il titolo con cui, ai tempi, venne inizialmente diffusa, ossia Tell Your Children.

La trama vede come protagonista un medico che, nel corso di una serata dedicata alla sensibilizzazione sui danni della marijuana, racconta la storia di una coppia di spacciatori e dei danni provocati dalla pianta a loro e alle persone con cui hanno a che fare.

Questo film, tecnicamente incluso fra le pellicole di genere exploitation, ossia un filone, molto popolare agli albori della settima arte, che ha sfruttato il grande schermo per mettere in primo piano contenuti ad alto impatto emotivo, il cui successo si basava soprattutto sul marketing, è considerato da molti come un contenuto che ha contribuito alla creazione del clima che ha portato alla redazione del Marijuana Tax Act.

Risalente al 1937, questa legge ha segnato l’inizio del proibizionismo della cannabis in USA.

Anni ‘60-’70: tra afflati di ribellione e toni dissacranti

Con l’inizio del ventennio ‘60-’70, fra movimento hippie e ribellione giovanile, la cannabis ha iniziato a essere vista, anche nel cinema, come uno strumento per sovvertire le rigide regole sociali fino a quel tempo vigenti.

Il film manifesto quando si parla di narrazione della cannabis in questo periodo è Easy Rider, nome scelto anche per una varietà di cannabis che deriva dalla primissima a carattere autofiorente.

Accanto a questa scelta stilistica è possibile ricordare l’affermarsi, concreto soprattutto a partire dalla metà degli anni ‘70, di pellicole che descrivevano con toni estremamente dissacranti e ironici la figura del consumatore abituale di cannabis.

 

Gli ultimi trent’anni: satira e analisi sociopolitica

Negli ultimi tre decenni è stato possibile assistere, soprattutto all’estero perché in Italia, come già detto, i passi da fare sono ancora tanti, a una vera e propria normalizzazione del tema della cannabis nei prodotti cinematografici.

Non sono mancati momenti all’insegna della satira come molte scene del film, risalente al 1998, Il Grande Lebowski.

Con il passare degli anni, si è affermato sempre di più anche il filone della documentaristica che, con prodotti come il pluripremiato The Culture High, ha approfondito le numerose falle della guerra alla cannabis in USA.

Il lungometraggio, risalente al 2014, fornisce un quadro completo anche su tematiche come l’uso medico della pianta e le false credenze che ruotano attorno ad essa.

Leggi anche