Gli anni della banda della Uno Bianca hanno rappresentato una macchia nera nella storia italiana e, soprattutto, nel vissuto di tante persone tra gli anni ’80 e ’90. Come è nata la banda e per quali motivi ha causato tutti quei danni?
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Origini e membri della Banda della Uno Bianca
La Banda della Uno Bianca è stata un’organizzazione criminale attiva dal 1987 al 1994, artefice di 103 azioni criminali che hanno provocato la morte di 24 persone e il ferimento di un altro centinaio di feriti.
La banda prende il nome dalla nota automobile Fiat Uno bianca che in quegli anni circolava ampiamente in Italia. Per loro era facile da rubare e anche da far sparire.
I crimini sono stati commessi tra Emilia-Romagna e Marche e hanno lasciato una macchia indelebile nella storia dell’Italia degli anni ’80 e ’90.
Quello che più sconvolge della storia è che la banda era composta da cinque agenti della polizia in stato attivo. I capi erano i fratelli Savi: Roberto, Fabio e Alberto Savi sono state le menti dietro la nascita della banda. Tra i co-fondatori e complici si vedono i nomi di Pietro Gugliotta, operatore della Questura di Bologna, Mario Occhipinti, poliziotto della squadra mobile di Bologna e Luca Valicelli, agente scelto della Polizia Stradale di Cesena.
Per lungo tempo i cinque agenti della Polizia di Stato non sono stati individuati come i fautori dei reati proprio grazie alla loro posizione privilegiata che li proteggeva da ogni lontano sospetto.
Crimini commessi
Per ben 7 anni la Banda della Uno Bianca perpetra crimini e atti violenti ai danni dei cittadini della zona di Bologna e Rimini, rimanendo nell’ombra grazie al ruolo istituzionale dei suoi membri.
La banda compiva principalmente rapine a casse automatiche, supermercati, banche e
I delitti commessi non sono collegati a nessun tipo di motivazione politica o movimento di contestazione sociale. Sono “semplici” azioni compiute per il guadagno personale.
Ma non è chiaro quanto queste azioni fossero avulse da fanatismo perché molte vittime degli attentati erano persone della comunità rom ed extracomunitari. Fabio Savi giustificherà a processo queste morti come modo per annacquare le indagini e depistare i sospetti.
Ciò che inquieta della vicenda riguarda la violenza gratuita che è stata impiegata in ogni singolo attacco. La strage del Pilastro è ricordata come la ferita più dolorosa provocata dalla banda-killer: alle 22.00 del 4 gennaio 1991 vennero trucidati tre giovani carabinieri di Bologna mentre erano in pattuglia.
Le indagini e l’arresto
Le indagini portavano sempre a vicoli cechi e le ricerche erano confuse. Ma col passare del tempo, i testimoni crescono in numero e i crimini lasciano una traccia.
Daniele Paci, procuratore di Rimini, mette in piedi una squadra di investigatori che studia nel dettaglio i movimenti della banda ottenendo sempre più indizi, fino a che, l’ex-ispettore della polizia di Bologna, Luciano Baglioni e il suo collaboratore Pietro Costanza riconoscono in un identikit la faccia di Roberto Savi, loro collega nella sala operativa.
E’ il 21 novembre del 1994 quando viene arrestato Roberto Savi e nei giorni seguenti vengono incriminati gli altri membri della banda. Così hanno fine i sanguinosi anni della banda della Uno Bianca.
Testimone chiave nel corso del processo è stata Eva Mikula, compagna di Fabio Savi. Eva dopo anni di violenze e maltrattamenti, decide di collaborare con la polizia italiana per incastrare il compagno e i suoi complici. In un intervista a Belve Crime, il programma sul crimine italiano condotto da Francesca Fagnani, Eva Mikula ha raccontato la sua storia.
I familiari delle persone uccise hanno costruito l’Associazione dei familiari delle vittime della banda della Uno Bianca e hanno stabilito come data commemorativa il 13 ottobre.
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