Nel 2003 l’alpinista americano Aron Ralston stava scalando una montagna quando improvvisamente gli cade addosso un masso enorme. L’alpinista rimane quindi bloccato immobile con il braccio sotto il masso per 5 giorni, incerto sul suo futuro fino a quando non commette un atto di estremo coraggio.
Questa è la tragica ma incredibile vicenda a cui si è ispirato il regista Danny Boyle nel film 127 ore, uscito al cinema nel 2010. Scopriamo nel dettaglio cos’è accaduto in quelle interminabili 127 ore.
Indice dei contenuti
127 ore, la storia vera che ha ispirato il film
5 giorni, ovvero 127 ore, sono il tempo che l’alpinista Aron Ralston ha dovuto passare incastrato in fondo ad un canyon con il braccio immobilizzato. All’epoca dei fatti aveva 27 anni ed era un ingegnere meccanico.
Nel 2003 si trovava nel Blue John Canyon, nello Utah, e stava scalando una montagna. Improvvisamente accade un fatto che cambierà per sempre il corso della sua vita: in pochi secondi un masso enorme si è staccato dalla montagna piombandogli addosso. L’alpinista è perciò rimasto in fondo a una fessura nella roccia, solo, con un braccio incastrato sotto il masso.
Ralston ha dovuto passare dei giorni interminabili soffrendo la fame, la sete, con tanta paura ma soprattutto soffrendo un dolore atroce. Il delirio e i tentativi falliti lo portano alla decisione estrema di spezzarsi l’avambraccio e amputarselo con un coltellino smussato per tornare alla vita.
Era chiaro all’alpinista che, anche se fosse riuscito a liberarsi, non ci sarebbe stato modo di salvare il suo braccio: l’arto era infatti ormai in decomposizione. Per questo Aron ha preso questa decisione ricca di coraggio che mostrava la sua voglia di sopravvivere, riuscendo a salvarsi da solo da una situazione che sembrava disperata.
In questo modo Aron Ralston è tornato alla luce ed è riemerso dal crepaccio. L’anno dopo ha scritto il suo libro, pubblicato con il titolo Between a rock and a hard place, dove racconta questa tragica ma allo stesso tempo incredibile vicenda.
Oggi Aron ha una protesi a cui può attaccare sia una mano sia dei rampini: ciò gli ha consentito di riprendere l’attività che più ama ovvero scalare.
La tecnica adottata dal regista e la performance magistrale di James Franco
Nel 2010, ben 7 anni dopo il tragico incidente che però ha avuto un lieto fine, esce sui grandi schermi il film 127 ore diretto dal regista e sceneggiatore Danny Boyle. Il film ha voluto descrivere fedelmente i fatti realmente accaduti, prendendo come modello il libro scritto da Ralson.
Il merito principale sta nella regia: il dinamismo di Boyle qui diventa grammatica per attivare l’immobilità. L’obiettivo aderisce al volto del protagonista, scivola lungo il canyon, risale all’aperto per ricordarci quanto il deserto sia indifferente alla sofferenza umana. Il montaggio alterna il respiro corto dei tentativi di fuga a brevi lampi di memoria e allucinazioni che mappano il crollo psicofisico.
Per interpretare il ruolo del protagonista è stato scelto l’attore James Franco che ha saputo creare una performance struggente e ricca di pathos. È in grado di reggere da solo quasi tutto il film, che per molti consiste nella miglior interpretazione della sua carriera.
Grazie alla sua strabiliante performance, lo spettatore riesce ad immedesimarsi nelle sofferenze del personaggio e soffre con lui. 127 ore è un film intenso che deve la sua riuscita anche alla storia straordinaria a cui è ispirato.








